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Il cerchio dei Pini marittimi

Sono arrivata in Maremma dopo giorni paurosi di pioggia e vento, un vento che si è portato via migliaia di anelli di congiunzione dalla terra al cielo, ponti tra i mondi, alberi di ogni tipo.

Mi ha accolta qui un timido raggio di sole, e il respiro si è fatto subito più ampio, mentre le narici si riempivano di profumo di mare, e le orecchie del rullare furioso delle onde in lontananza.

In quel fazzoletto di terra di Toscana meridionale, dove hanno posato i piedi fin dalla nascita mio marito prima e i nostri figli dopo, uno zio, fratello di Maria, mia suocera, in un giorno molto lontano nel tempo,  piantò piccoli Pini marittimi, sradicati dal vento di mare in una pineta poco distante, in giorni simili a questi. La stessa pineta che nel 2012 andò tristemente distrutta in un incendio.

Stranamente lo zio, un maremmano puro, dedito solo alla terra, dispose i piccoli alberi in cerchio, poco lontano da casa,  lasciati quasi volontariamente al loro destino, come figli che devono crescere con le loro forze perché questo è quello che la vita esige sia fatto.

Anno dopo anno, quei piccoli pini, divennero alti e forti, creando una mini pineta dentro al campo spoglio di qualsiasi altra cosa alta, una realtà chiusa in sé, che si manteneva in vita mentre gli alberi di ulivo,  più antichi, perdevano forza fino a che dovettero essere tagliati, per malattia incurabile. Un campo fatto in realtà di cose basse, quali erba e trifogli, germogli di mimose, fiori di tarassaco, macchie blu di cicoria in estate, pigne, farfalle, api, colori luminosi posati dalla pioggia, coccinelle e zanzare. E passi d’uomo e impronte di gatti. E passi di donna, passi di Maria, donna ora anziana che vive lì da sola per la maggior parte del tempo, riempiendo le giornate accudendo galline libere e ricordi prigionieri nel cuore.

Lei passeggia e sorveglia la gestazione, il parto che Madre natura regala alla sua terra, registra mentalmente ogni nuova pianta che da sola sbuca come miracolo di arcobaleno tra le nuvole, dal suolo. Lei ha controllato ogni giorno, solo apparentemente distrattamente, quei pini, come a voler dire “io ci sono, ma voi crescete pure liberamente”.

Sono arrivata in Maremma e per la prima volta, a sorpresa, Maria aveva fatto potare i pini. Si erano presi troppa libertà nel cielo e rischiavano di recidere i fili della luce sopra di loro. Rischiavano di togliere la luce, seppur artificiale, e lei, dopo anni di libertà, non poteva permettere che fosse corso questo rischio.

Dopo la sorpresa iniziale siamo entrati all’interno del cerchio dei Pini quasi con riverenza, grazie allo spazio creato dalla pulizia che Maria aveva deciso di  fare. Con meraviglia abbiamo scoperto un mondo nuovo dentro quel mondo conosciuto da anni. Piccole querce nate spontaneamente, palme, canne, alloro, un ulivo, asparagiaie, una pianta di pineta “senza nome”, tutto in miniatura, piante nutrite, accudite, fatte germogliare da quel piccolo magico cerchio di Pini strappati dal vento, in un giorno lontano di pioggia e disperazione.

Ognuno legga ciò che vuole in questa piccola storia vera, ma io scrivendo ho ancora la sensazione del cuore che batte forte mentre una farfalla vanessa si posa sul mio dito che indica il nuovo mondo autocreato, e risento quella voce nel cuore che sussurra “tu sei luce, tutto è luce, sempre e comunque e niente mai riuscirà a spegnerla”.

Penso alla tristezza che vedo e percepisco nel femminile che mi circonda, le donne dimenticano ora facilmente che sono le prime a dover portare luce nel mondo, in un sentiero che va riscoperto ed esplorato, ma questa breve storia così intensa mi ha fatto comprendere  profondamente che ogni albero ha una natura femminile e se si arriva a scordare le radici, madre natura le sradica e le mostra al vento e all’acqua, per farci ritrovare la consapevolezza della luce, l’unica che farà rinascere nuovi germogli, e infine nuovi ponti verso il cielo.

Carla Dragoni

 

 

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